Passeggiare tra le
vie storiche di Padova in un caldo pomeriggio estivo e restare rapiti dalla
magia del canto. Al Centro Universitario in via Zabarella, il 13 giugno è
andato in scena uno spettacolo musicale formato da professionisti e detenuti,
grazie ad un progetto chiamato “Papillon – Operatori di Relianza”, promosso
dall’associazione “Incontrarci”. La curiosità mi ha spinto, alla fine dello
spettacolo, a conoscere meglio questa realtà e intervistare la direttrice
artistica Maria Cinzia Zanellato, la corista Alberta Pierobon e Lara Mottarlini
che si occupa delle attività sportive.
Come è nata l’iniziativa di questa sera?
Maria Cinzia
Zanellato: È nata all’interno di un
progetto che si chiama “Operatori di Relianza” che ha tre attività all’interno
del carcere “Due Palazzi” di Padova: il teatro, attivo dal 2005 di cui ho la
direzione artistica, un’attività di coro, presidente Alberta Pierobon e
un’attività di volontariato che invece svolge l’associazione “Incontrarci”,
quest’ultima e' la capofila del progetto. L’idea è quella, tramite queste
attività artistiche, di portare degli elementi di socializzazione sia
all’interno che all’esterno del carcere; l’occasione di questa sera infatti è
stata proprio questa. Il progetto è formato da persone detenute, da volontari e
da professionisti; Giulia Prete ad esempio è una grande professionista e una
grande musicista che stasera ha diretto il coro.
Com’è nata l’idea di portare il teatro nel carcere
“Due Palazzi” di Padova?
Il teatro entra in carcere come progetto pilota già
nel ’94. Era un periodo illuminato a seguito della legge Gozzini che prevedeva
tutta una serie di principi tra i quali gli inserimenti e i permessi premio e
anche quello di promuovere appunto delle attività culturali e artistiche.
Adesso l’obiettivo è quello della giustizia riparativa che attraverso una
mediazione culturale umanistica permette di “riparare” le ferite più profonde;
il danno quantificato in pene o denaro non va a risanare la rottura della
relazione sociale e la relazione che c’è tra reo e vittima.
In tutti questi anni avete potuto constatare
l’importanza di queste iniziative
Questo è fondante. Bisogna sempre dare la possibilità
alle persone di crescere e di cambiare, come avviene a noi nella vita normale
tramite le esperienze e le attività che facciamo. È doppiamente importante per
quanto riguarda la realtà carceraria altrimenti si rischia di congelare una
persona che avrà notevoli difficoltà quando sarà reinserito nella società.
Qual è la situazione carceraria in Italia in generale
e a Padova in particolare?
Tre anni fa la Corte europea dei diritti umani ha
denunciato la condizione delle carceri italiane proprio perché al di sotto dei
limiti di vivibilità, come il sovraffollamento, i ritardi nella giustizia, la
messa in sicurezza, una situazione complessa insomma. Padova, rispetto alla
realtà italiana è comunque una situazione anomala nel senso migliore del
termine perché esiste la scuola, esiste l’Università ed esistono tutte una
serie di attività importanti al suo interno. C’è anche una squadra di calcio,
la cooperativa Giotto, la pasticceria con i suoi prodotti di alta qualità, per
non parlare delle attività dei volontari che è ben articolata. È un modello che
si è sviluppato del basso.
Com’è invece l’esperienza del coro all’interno della
“Casa di Reclusione Due Palazzi”?
Alberta Pierobon: ci chiamiamo “Coristi per caso”; abbiamo
pensato di portare il coro dove non esiste, dove non c’è. L’abbiamo fatto prima
in una scuola CPT, scuola per stranieri, e poi inseguivo il sogno di portare il
coro in carcere, ed è stato così. Prima un contatto con l’insegnante del
carcere e poi abbiamo cominciato, ormai sono 4 anni fa. Abbiamo visto che ci si
cambia a vicenda, si incontrano persone. Non dico mai che vado a fare
volontariato ma vado a cantare insieme a queste persone. Noi siamo un coro
formato da cinque persone esterne e ci siamo poi fusi con il gruppo"Teatrocarcere
Due Palazzi" in più c’è un gruppo variabile di detenuti con il quale
abbiamo formato un vero gruppo, con le dinamiche di gruppo, legami del gruppo.
Ci si parla e l’umanità che emerge è immediata perché non ci sono mai
sovrastrutture, ma si è se stessi
Come avviene la scelta dei detenuti nell’inserimento
di queste attività esterne?
La scelta dei detenuti avviene tramite la scuola CPIA,
che sono le scuole pubbliche all’interno del carcere e quello fa da ponte. In
questo caso, Daniela Lucchesi che fa parte anche lei del coro, suggerisce gli
alunni che possono intraprendere questo percorso. Sono persone comunque che
hanno già un cammino, una loro evoluzione perché frequentano una scuola, hanno
voglia di fare altro e di mettere in pratica le loro attitudini, anziché
sprofondare nell’afasia.
Come dicevamo all’interno del carcere esiste anche una
importante attività sportiva
Lara Mottarlini: si, infatti seguo la squadra di calcio che
si chiama “Pallalpiede” e gioca in terza categoria. È iscritta regolarmente
alla FIGC e gioca ovviamente sempre in casa. Ci occupiamo quindi di
riabilitazione graduale del detenuto attraverso lo sport, il teatro, la musica.
Pensare di tenere chiuso una persona per anni senza alcun contatto con
l’esterno e poi ritrovarsi di colpo nella società una volta che ha scontato la
pena, non ha senso.
Quali saranno le prossime iniziative
dell’associazione?
Maria Cinzia
Zanellato: la prossima iniziativa è a
dicembre. C’è una parte del coro che si è esibita stasera e una parte teatrale
che si sta sviluppando. L’idea è quella di unire i due elementi, fare un
debutto all’interno del carcere e poi mettere in piedi uno spettacolo con la
possibilità di farlo conoscere in giro. Quindi una relazione doppia sia
all’interno che all’esterno del carcere. Il grande passo è quello di pensare
che la pena non sia solo punitiva perché crea un danno, delle rabbie
ingiustificate di pancia e pensare invece che come società civile possiamo dare
tanto. Nel 2016, in occasione dell’inaugurazione del nuovo carcere di Rovigo,
il Ministro Orlando disse che siamo il sistema penitenziario europeo che
spendiamo di più e abbiamo la recidiva più alta, quindi qualche domanda
dobbiamo farcela. I dati invece dimostrano che chi fa un’attività, che sia di
studio o di attività culturali all’interno del carcere, ha una recidiva minore.
La guarigione può avvenire solo attraverso la cura dell’anima.
In occasione delle
amministrative, il ministro della Giustizia Andrea Orlando il 9 giugno ha fatto
tappa a Padova. Le associazioni, le cooperative, gli insegnanti e i volontari
che operano nella “Casa di Reclusione Due Palazzi” hanno firmato e consegnato
al ministro una lettera nella quale emergono le difficoltà che spesso le
associazioni si trovano ad affrontare all’interno del carcere. La lettera è
stata pubblicata su “Il Mattino di Padova”. È importante conoscere il lavoro di tutte le associazioni che
operano all’interno delle carceri, non solo per i detenuti ma per l’intera
collettività perché come diceva Dostoevskij “Il grado di civilizzazione di una
società si misura dalle sue prigioni”.
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