Il pensiero assoluto, sia esso religioso che
politico, genera un profondo fanatismo. Nelle varie epoche, in nome di Dio sono stati commessi
massacri, eccidi e genocidi. In nome di Dio sono state distrutte opere d’arte
di importanza universale, sono stati bruciati libri e biblioteche di
inestimabile valore. In nome di Dio sono stati messi al rogo, torturati e
imprigionati filosofi e scienziati che hanno dato un contributo fondamentale al
progresso della conoscenza. Dalle Crociate allo sterminio delle civiltà
precolombiane, dagli Scismi alle Inquisizioni, i conflitti interminabili
in Medio Oriente, i genocidi del secolo scorso, l’uomo conosce bene il pericolo del pensiero assoluto.
Tra il XVI e il XVII secolo l’Europa è stata
attraversata da sanguinose battaglie di religione; Giordano Bruno (1548- 1600)
e Michel de Montaigne (1533 - 1592) avevano denunciato la pericolosità del
dogmatismo, concetto che sarà ripreso con forza nell’Illuminismo. La
presunzione di possesso della verità in tutti gli ambiti possibili, esclude di
fatto ogni possibilità di discussione e di dialogo, perché nel momento in cui
si ha una verità, diventa superfluo discutere con gli altri. Chi possiede la
verità non è portato ad ascoltare il punto di vista dell’altro, semmai di
convertirlo. Amos Oz, scrittore e saggista israeliano, sottolinea la
pericolosità del fanatismo; il terrorista, nella sua follia, uccide per il bene
dell’umanità, per redimere l’umanità; questo forse è l’aspetto più
preoccupante. E allora l’unico antidoto all'assolutismo è il diritto alla critica.
Opporsi alla verità assoluta, opporsi ai dogmi, significa battersi per una
cultura laica che difende innanzitutto ogni singolo individuo, il confronto delle idee, il diritto di scegliere senza delegare a nessuna autorità politica o religiosa
questa libertà. Negare la verità assoluta significa considerare la
pluralità delle opinioni, la pluralità delle lingue, delle religioni, delle
culture; questa è una immensa ricchezza dell’umanità e non un ostacolo; la conseguenza
non può che essere una migliore convivenza tra gli uomini. Accettare la
fallibilità della conoscenza, accettare l’inevitabilità dell’errore non
significa abbracciare l’irrazionalismo, ma esercitare il diritto alla critica; oggi più che mai è irrazionale l’uomo
convinto di una idea assoluta che lo può portare al fanatismo, perché come ci
ricorda S. Castellion (1515-1563): “Uccidere un uomo non è difendere una
dottrina, è uccidere un uomo".
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