Fëdor Michajlovic Dostoevskij,
(Mosca, 1821 – San Pietroburgo, 1881) è stato uno scrittore e filosofo russo. È
considerato uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi dell'Ottocento e in
generale di ogni tempo. Se si tratta del tema del male, non si può non tener
conto del pensiero di Dostoevskij. Tra i suoi capolavori ricordiamo Memorie del sottosuolo del 1864, in cui
l’autore critica gli ideali ottimistici del positivismo fondati su scienza e
ragione; Delitto e castigo del 1866,
uno dei più grandi romanzi di tutti i tempi, in cui sono presenti gli aspetti
religiosi ed esistenziali dell’uomo e il concetto della sofferenza; L’idiota del 1869 nel quale si deduce
l’impossibilità di un uomo “positivamente” buono al giorno d’oggi; I demoni del 1871, con cui l’autore
sembra rinnegare definitivamente il proprio passato di libero pensatore
nichilista; ed infine I fratelli
Karamazov del 1880, l’ultimo e forse la sua più grande opera prima di
morire, mette in contrapposizione Dio e la sua negazione, libero arbitrio e caos,
ragione e dubbio, fede e morale. Come scrive Giuseppe Gallo: “Dostoevskij
traccia la prima implacabile anamnesi della crisi dell'uomo contemporaneo,
lacerato da pulsioni contraddittorie e insanabili, privo di certezze e punti di
riferimento solidi cui uniformare il proprio comportamento morale. A derivarne
è una presa di distanza radicale dal razionalismo illuminista e positivista,
alla cui pretesa di ricondurre le leggi della natura all'ordine della ragione
lo scrittore contrappone la forza della volontà che non ammette limitazioni*”. Ma a questo punto soffermiamoci
su un problema importante, cioè quella della morte dei bambini e di conseguenza
il tema della teodicea e del libero arbitrio.
Ne I Fratelli Karamazov, Dostoevskij scisse su questo tema una pagina straziante, impossibile non riportarla almeno in parte. Ivan, uno dei personaggi del romanzo, si ribella a Dio, non potendo accettare che una divinità che si vuole infinitamente buono e onnipotente permetta la sofferenza di un bambino innocente: “Ascolta: se tutti devono soffrire per acquistare con la sofferenza l’eterna armonia, che c’entrano qui i bambini? Dimmelo, ti prego! Non si capisce assolutamente a che scopo debbano anch’essi patire e perché debbano acquistarsi con le sofferenze quell’armonia. Perché hanno servito anch’essi da materiale e da concime per preparare a vantaggio altrui l’armonia futura? La solidarietà fra gli uomini nel peccato io la comprendo, comprendo la solidarietà anche nella espiazione: ma la solidarietà nel peccato non riguarda i bambini e, se la verità sta realmente nel fatto che anche loro sono solidali coi padri in tutti i delitti da questi commessi, una tale verità non è certo di questo mondo e mi riesce incomprensibile*”. Nonostante i sofismi di Agostino, come giustamente aveva già notato Schopenhauer, la teodicea non risolve un bel niente, almeno a livello degli individui, in particolare dei bambini, cioè quelle creature nelle quali il cosiddetto libero arbitrio non è stato ancora concesso. Il problema sollevato in questa pagina da Dostoevskij, non ha mai trovato soluzione in nessuna teologia. Un bambino portato alla sofferenza e alla morte, torturato dagli uomini o dalla malattia, sottrae alla teodicea ogni spiegazione a meno che ammettiamo due cose: o Dio c’è ma non si cura degli uomini, e allora siamo tutti più liberi e si capisce tanta sofferenza, oppure Dio, molto più verosimilmente, non c’è*.
Ne I Fratelli Karamazov, Dostoevskij scisse su questo tema una pagina straziante, impossibile non riportarla almeno in parte. Ivan, uno dei personaggi del romanzo, si ribella a Dio, non potendo accettare che una divinità che si vuole infinitamente buono e onnipotente permetta la sofferenza di un bambino innocente: “Ascolta: se tutti devono soffrire per acquistare con la sofferenza l’eterna armonia, che c’entrano qui i bambini? Dimmelo, ti prego! Non si capisce assolutamente a che scopo debbano anch’essi patire e perché debbano acquistarsi con le sofferenze quell’armonia. Perché hanno servito anch’essi da materiale e da concime per preparare a vantaggio altrui l’armonia futura? La solidarietà fra gli uomini nel peccato io la comprendo, comprendo la solidarietà anche nella espiazione: ma la solidarietà nel peccato non riguarda i bambini e, se la verità sta realmente nel fatto che anche loro sono solidali coi padri in tutti i delitti da questi commessi, una tale verità non è certo di questo mondo e mi riesce incomprensibile*”. Nonostante i sofismi di Agostino, come giustamente aveva già notato Schopenhauer, la teodicea non risolve un bel niente, almeno a livello degli individui, in particolare dei bambini, cioè quelle creature nelle quali il cosiddetto libero arbitrio non è stato ancora concesso. Il problema sollevato in questa pagina da Dostoevskij, non ha mai trovato soluzione in nessuna teologia. Un bambino portato alla sofferenza e alla morte, torturato dagli uomini o dalla malattia, sottrae alla teodicea ogni spiegazione a meno che ammettiamo due cose: o Dio c’è ma non si cura degli uomini, e allora siamo tutti più liberi e si capisce tanta sofferenza, oppure Dio, molto più verosimilmente, non c’è*.
*Fëdor M. Dostoevskij,
Memorie dal sottosuolo, I Sempreverdi, Letterature, pag. XII.
*Fëdor M. Dostoevskij, I fratelli
Karamazov, Garzanti, Milano 1979, vol. I, p. 251.
*C. Augias e V. Mancuso, Disputa su Dio e
dintorni,
Mondadori, Milano 2009, p. 133.
Tratto da "L'a-Dio e Il Male Inutile" di Sante Biello
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