martedì 7 giugno 2016

L'eredità di Karl Marx

Karl Marx, nato a Treviri (Germania) nel 1818 e morto a Londra nel 1883 – dove trova posto il suo mausoleo, nella zona orientale del cimitero di Highgate –, è stato tra i più influenti filosofi sul piano politico, sociale ed economico nella storia del Novecento. Le sue teorie, insieme a F. Engels, sono state decisive sulla nascita delle ideologie socialiste e comuniste. Dalla rivoluzione russa del 1917 in poi, molti Paesi hanno tentato di applicare le teorie sociali ed economiche di Marx ed Engels tra cui l’Unione Sovietica, Cina, Mongolia, Vietnam del Nord, Yemen del sud, Corea del Nord e tanti altri. Basti pensare che nei primi anni ottanta, quasi un terzo della popolazione mondiale era governato da regimi comunisti. Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, il crollo dell’Unione Sovietica e la protesta di piazza Tienanmen in Cina, con la conseguente apertura al libero mercato, le idee del pensatore di Treviri sembravano ormai accantonate, soppiantate da una politica liberista voluta da Margaret Thatcher e Ronald Reagan.
Bisogna fare una premessa: Marx ed Engels erano due teorici e organizzatori della “I Internazionale”, un’associazione pacifica che aveva il compito di coordinare l’attività dei vari movimenti socialcomunisti in Europa e anche in America. Altra cosa è stata l’applicazione delle idee marxiste da parte di Lenin, Stalin, Mao e così via, in partiti monolitici e dittatoriali nella politica nazionale ed internazionale. La rivoluzione proletaria auspicata da Marx non c’è stata, resta il fatto che aveva colto molto bene i pericoli del sistema capitalistico.  In questi ultimi anni il suo pensiero è stato rivalutato. Molti pensatori ed economisti hanno evidenziato che su molti punti non aveva tutti i torti. Anche il famoso settimanale americano “Time” qualche anno fa ha dedicato un’analisi molto ampia del pensiero economico di Marx sottolineando che le critiche del filosofo tedesco al capitalismo erano giuste.

Per capire quanto sia attuale Marx, basta leggere “Il Capitale”, la sua opera più famosa pubblicata del 1867. In un passo spiega: “Il sistema creditizio che ha come centro le pretese banche nazionali e i potenti prestatori di denaro, e gli usurai che pullulano attorno ad essi, rappresenta un accentramento enorme e assicura a questa classe di parassiti una forza favolosa, tale non solo da decimare periodicamente i capitalisti industriali, ma anche da intervenire nel modo più pericoloso nella produzione effettiva – e questa banda non sa nulla della produzione e non ha nulla a che fare con essa (…) banditi ai quali si uniscono i finanzieri e gli speculatori”. Il sistema capitalistico quindi ha impoverito le masse e ha concentrato tutta la ricchezza nelle avide mani di pochi, provocando crisi a catena e un’esasperazione del conflitto tra i ricchi e la classe più debole.
In effetti, a cosa stiamo assistendo oggi? Le banche “private” sono sull’orlo del fallimento e vengono salvate dagli Stati, ovvero grazie ai nostri soldi. I Paesi si indebitano sempre di più e scaricano il deficit sulla fiscalità generale e le politiche di austerity; il fiscal compact ne è una conseguenza. In Italia, con un governo di sinistra che dovrebbe tutelare i diritti sociali, assistiamo alla privatizzazione della sanità, della scuola, dell’acqua, ecc. Noam Chomsky ricorda: “Questa è la tecnica standard per la privatizzazione: togli i fondi, assicurati che le cose non funzionino, fai arrabbiare la gente, e lo consegnerai al capitale privato”. La conseguenza delle privatizzazioni spesso sono i licenziamenti. Oggi al lavoratore è stato tolto anche l’articolo 18, probabilmente era l’unico diritto rimasto contro il licenziamento facile, e la forza dei sindacati è diminuita notevolmente. Sempre per salvaguardare il sistema capitalistico concentrato nelle mani di pochi, aumenta l’età pensionabile e diminuiscono le retribuzioni.
L’insofferenza dei lavoratori cresce non solo in Europa ma in tutto il mondo. Decine di migliaia di persone continuano a scendere nelle piazze delle più importanti città europee, protestando contro la paurosa disoccupazione e contro le misure di austerità. Fin quando potrà reggere questo sistema? Michael Schuman nel suo articolo sul Time concluse: “Se i politici non praticheranno nuovi metodi per garantire eque opportunità economiche a tutti, i lavoratori di tutto il mondo non potranno che unirsi. E Marx potrebbe avere la sua vendetta”.

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