giovedì 4 febbraio 2016

Chiesa e pedofilia (Commissione Onu per i Diritti dell’Infanzia, 5 febbraio 2014)



Stando alle cronache dell’ultimo periodo, il fenomeno della pedofilia all’interno della Chiesa sembra non avere fine, nonostante i buoni propositi degli ultimi papi per debellare questo problema vergognoso.
Il 5 febbraio 2014, la Commissione Onu per i Diritti dell’Infanzia stilò un duro documento in seguito all’esame del rapporto della Santa Sede sul rispetto della Convenzione sui diritti del fanciullo. Tra i punti si legge: “La commissione è profondamente preoccupata che la Santa Sede non abbia riconosciuto l’estensione dei crimini commessi, che non abbia preso le misure necessarie per affrontare i casi di abusi sessuali sui bambini per proteggerli e che abbia adottato politiche e pratiche che hanno condotto alla continuazione degli abusi ed all’impunità dei responsabili[1]”. Nel rapporto si ricorda che i responsabili degli abusi sono stati spostati di parrocchia in parrocchia col tentativo di coprire questi crimini con un codice del silenzio imposto a tutti i membri del clero, sotto la pena della scomunica e i casi di abuso sono stati anche difficilmente riferiti alle autorità giudiziarie nei Paesi in cui sono stati commessi. La Santa Sede viene inoltre esortata a “valutare il numero di bambini nati da preti cattolici, scoprire chi sono e prendere le misure necessarie per garantire i diritti di questi bambini, a conoscere e ad essere curati dai loro padri[2]”.
Al comitato preoccupano le dichiarazioni della Santa Sede sull’omosessualità che “contribuiscono alla stigmatizzazione sociale e alla violenza contro lesbiche, gay, bisessuali e adolescenti trans gender e bambini cresciuti da coppie dello stesso sesso[3]”. Sempre il comitato inoltre, auspicava che la Chiesa rivedesse la posizione sull’aborto quando è a rischio la vita e la salute delle donne incinte modificando il canone 1398 in materia, citando le sanzioni decise dalla Santa Sede nel 2009 in Brasile contro un medico che praticò l’aborto per salvare la vita a una bambina di 9 anni, rimasta incinta dopo essere stata violentata dal patrigno. 

La replica della Santa Sede non si fece attendere e in una nota ha fatto sapere che prendeva atto delle osservazioni conclusive dell’Onu di Ginevra sulla pedofilia e ribadendo il proprio impegno a difesa del fanciullo, ma aggiunse anche che in alcuni punti vede un: “tentativo di interferire nell’insegnamento della Chiesa Cattolica sulla dignità della persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa[4]”; come dire che alla Chiesa è consentito interferire nelle questioni politiche e sociali mentre non si accetta il contrario.
Già da tempo, la stampa internazionale si era occupata dei casi di pedofilia nella Chiesa. Dagli anni 70 del Novecento il fenomeno si è esteso notevolmente fino ai nostri giorni, anche se le reali dimensioni sono tuttavia ancora poco chiare. Molti casi si riscontrarono a Los Angeles, a Portland, a Chicago e a Boston. L’accusa maggiore che viene rivolta alla Chiesa cattolica è l’occultamento deliberato degli abusi e il fatto che molti vescovi che sono a conoscenza dei fatti, non li denunciano alle autorità civili ma preferiscono risarcire direttamente le vittime in cambio del loro silenzio. Il 28 marzo 2014 i mass media riportano la notizia che la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha emanato le nuove linee guida in materia di abusi sessuali. Nel testo si legge che “Il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, non ha l’obbligo giuridico, salvo il dovere morale di contribuire al bene comune, di denunciare all’autorità giudiziaria[5]” i casi di pedofilia da parte dei sacerdoti. Nonostante la Chiesa negli ultimi anni abbia annunciato la volontà di fare trasparenza su questo grave problema, continua ad avere questo atteggiamento di “riservatezza”.
I media statunitensi hanno spesso sottolineato il fatto che la pedofilia fosse un problema specifico del sacerdozio, mentre la Chiesa ha sempre ribadito che fosse un problema personale dei singoli sacerdoti e che nella maggior parte dei casi si tratterebbe di efebofilia piuttosto che di pedofilia. Nel 2006, l’emittente televisiva inglese BBC ha trasmesso un documentario intitolato Sex crimes and the Vatican, facilmente reperibile su internet, che accusava la Chiesa di coprire i sacerdoti coinvolti in abusi sessuali su minori e racconta di 100 bambini e bambine abusati da 26 sacerdoti irlandesi che secondo il giornalista della televisione inglese, sarebbero stati coperti e insabbiati dal Vaticano e dall’allora cardinale Ratzinger a capo della Congregazione della Dottrina della Fede.
Nel 2004 la conferenza episcopale statunitense commissionò uno studio dettagliato sul fenomeno chiamato John Jay Report. Risultò che il 4% di tutti i sacerdoti e diaconi in carica negli Stati Uniti dal 1950 al 2002, pari a 109.694 persone, è stato accusato di crimini a sfondo sessuale con minori[6]. Nel 2009, l'arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all'ONU di Ginevra, dichiarò al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che secondo una ricerca interna, nel clero cattolico era coinvolto in abusi sessuali su minori tra l'1,5% e il 5%. Secondo i dati presentati dalla Chiesa cattolica a fronte di una popolazione media di circa 440.000 membri del clero nel mondo, i chierici colpevoli di abusi su minori risulterebbero all'incirca lo 0,67%, che è comunque 34 volte superiore alla media (0,02%).
Tralasciando i dati statistici, ci si domanda il perché di questo problema all’interno della Chiesa. Intanto sarebbe senz’altro necessario un riesame sul tema della sessualità nella dottrina cattolica e considerare la possibilità per il clero di sposarsi, fare un’accurata selezione dei candidati e offrire una migliore forma educativa nei seminari.

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