Per Camus la solidarietà umana è capace di combattere le ingiustizie sociali, e questo è l’unico scopo della vita. Tra le sue tante riflessioni sulla condizione dell’uomo, forse questa è l’eredità più grande che ci ha lasciato a sessant'anni dalla sua morte.
Nato in Algeria francese nel 1913, le sue opere hanno descritto e compreso non solo la condizione esistenziale e alienante dell’uomo, ma anche gli eventi tragici del ventesimo secolo: dall'ascesa dei totalitarismi al secondo dopoguerra fino all’inizio della guerra fredda.
L’assurdo e la mancanza di senso dell’esistenza umana hanno caratterizzato il pensiero filosofico di Camus. Opere come Il mito di Sisifo, La peste e L’uomo in rivolta, rappresentano il superamento dell’assurdo, della mancanza di senso e del nichilismo. Solo la consapevolezza e la rivolta della propria presenza nel mondo consente la libertà perché “La grandezza dell’uomo è nella decisione di essere più forte della sua condizione”. Ma cosa rappresenta Sisifo? Sisifo era un personaggio della mitologia greca che ha cercato di compiere imprese assurde. Tra le altre cose ha incatenato la morte e per questo è stato condannato da Zeus a spingere un masso fino in cima alla montagna e vederlo rotolare a valle per poi ricominciare di nuovo in eterno. Ma nel momento della discesa, Sisifo ha la consapevolezza dell’assurdità di spingere il masso ed è questa presa di coscienza che lo rende paradossalmente felice. L’uomo pretende di comprendere il mondo ma non ha nessuna speranza di trovare risposte. Per Camus non troviamo risposte nemmeno nel grembo di Dio perché fuggiamo davanti al problema dell’assurdo e per questo criticava gli esistenzialisti cristiani come Kierkegaard e Jaspers. Lo scrittore e filosofo francese continua ancora oggi ad essere un esempio di etica non religiosa.